Looper – In fuga dal passato di Rian Johnson, Spike, ore 21:30. Venerdì 17 aprile 2020.
Recensione scritta all’uscita del film (gennaio 2013). Tian Johnson avrebbe poi diretto Star Wars: gli ultimi Jedi e Knives Out – Cena con delitto.
Looper – In fuga dal passato, regia e sceneggiatura di Rian Johnson. Con Joseph Gordon-Levitt, Bruce Willis, Emily Blunt, Jeff Daniels, Paul Dano. Nei cinema da giovedì 31 gennaio 2013.
Fantascienza con dentro un pensiero. Film che sta tra certo Philip Dick e Terminator, con i viaggi nello spazio-tempo e un protagonista alle prese con il se stesso invecchiato venuto dal futuro. Film che, senza metterla giù troppo dura e senza mai rinunciare all’action, affronta temi tremendi, come la possibile malvagità infantile. Joseph Gordon-Levitt truccato perché somigli al se stesso con 30 anni di più, Bruce Willis. All’inizio si resta sconcertati, ma lui è così bravo da far dimenticare subito il discutibile make up. Voto 7 e mezzo
Il genere è la sci-fi, il sottogenere quello dei viaggi spaziotemporali tra presente e futuro, anzi, in questo caso, tra futuro e presente. Gran sorpresa, questo bellissimo Looper, uno di quei film che attraverso il fantastico e il fantascientifico pretendono di dirci qualcosa, di squarciare qualche velo, di aprirci finestre di conoscenza e consapevolezza, e ci riescono. Molto deve a Philip Dick (le analogie con Total Recall sono evidenti e tante), parecchio anche al classico Terminator, con il killer venuto dal futuro a far fuori da bambino chi da grande potrebbe diventare una minaccia (anche se qui bene e male si scambiano le parti e le posizioni rispetto al classico di Cameron). Di quei film che è più facile vederli che raccontarli, perché ridotti alla descrizione del loro plot suonan sempre molto artificiosi e lambiccati, con ampie buche di senso e di buonsenso, ma proviamoci lo stesso. Siamo nel Kansas tra l’urbano e il rurale del 2044. La città è, come in tante narrazioni distopiche, fatiscente, degradata e minacciosa, ceffi armati da tutte le parti, neon intermittenti a illuminare zonacce malissimo frequentate. Fuori dalla cinta urbana invece tutto sembra fermo nel tempo, farmer e case di farmer come in American Gothic, piantagioni e pianure fino all’orizzonte. Joe di mestiere fa il looper: uccide su incarico di un boss mafioso tizi che vengono mandati (incappucciati) dal futuro anno 2074 attraverso una sferragliante macchina del tempo. È che in quel 2074 ammazzarli è complicato, sicchè il misterioso Uomo del male (dalla imprecisata identità ma dall’incombente, pervasiva presenza come il Kaiser Söze dei Soliti sospetti), boss icontrastato della sottosocietà criminale, preferisce che il lavoro sporco venga fatto dai looper trent’anni prima.
A ogni vittima, che si materializza su un tappetaccio sistemato in campagna e che lui colpisce con una spingarda, Joe incamera un bel po’ di lingotti d’argento. Ma ci sono regole terribili quanto inderogabili da rispettare. Prima o poi anche il looper si troverà faccia a faccia con il se stesso invecchiato mandato dal futuro, e dovrà ucciderlo, dovrà ‘chiudere il loop’. Se non lo farà, sarà lui a venire ammazzato subito, se lo farà si guadagnerà invece da quel momento trent’anni esatti di vita. Il primo guaio per Joe è quando aiuta un suo amico che s’è rifiutato di uccidere il se stesso venuto dal 2074, tirandosi addosso tutti i pretoriani del boss. Il peggio arriverà quando sarà lui a trovarsi di fronte al proprio loop, al proprio doppio da vecchio, e che gli sfuggirà prima che riesca a farlofuori. L’Old Joe, trent’anni esatti più di lui, è venuto volontariamente dal futuro per compiere una missione, cercare il bambino destinato a diventare il Signore del male nel 2074 (e anche colui che farà uccidere la donna che amata da Joe) ed eliminarlo prima che faccia danni. Solo che tre sono i bambini nati lo stesso giorno nello stesso ospedale, chi è destinato a diventare il mostro? Il giovane Joe si mette alla caccia del se stesso invecchiato, sfuggito al suo controllo. Lo deve uccidere, per salvare se stesso, e lo vuole uccidere perché nel frattempo ha conosciuto uno dei tre bambini che ne sono il bersaglio e la madre. Ovviamente non dico come la faccenda si evolva, come si complichi sempre di più e si concluda. Looper tiene avvinti non tanto e non solo per i tornanti narrativi, ma soprattutto per quanto di disturbante e davvero inquietante mette in scena. Quello del tuo doppio invecchiato che è sì te stesso, ma anche il tuo nemico, è tema fascinoso, qualcosa che sta tra il delirio schizofrenico materializzato e il classico topos narrativo del doppelgänger, però trattato senza smancerie e intellettualismi calato com’è abilmente in un contesto action. Looper infrange temerariamente anche tabù ferrei, come quando vediamo il vecchio Joe (Bruce Willis) dare la caccia e uccidere bambini che poi scopriremo essere innocenti. Sono scene quasi insostenibili, ed è strano che nessuna delle molte recensioni americane che ho letto ne facciano accenno, perché, davvero, si tratta di una frontiera che non mi pare fosse mai stata valicata al cinema da un personaggio di non mlavagità. Ma in questo film bene e male si mescolano spesso e molto, fino a diventare inestricabili. Quale dei due Joe ha ragione, quale sta persegendo il disegno (eticamente) migliore? Il tutto immerso in un paesaggio e in scenografie non da mondi alieni, semmai di un mondo, questo nostro stesso presente, alienato, come giunto al compimento di una degradazione e disgregazione di cui già adesso possiamo vedere e intuire i primi segni. Il regista Rian Johnson mostra notevole talento nella mise en scène, riducendo al minimo l’uso dell’ormai esorbitante e dilagante digitale e cercando di restituirci una dimensione sci-fi quotidiana, dimessa, sempre credibile e immaginabile da noi spettatori. Joseph Gordon-Levitt è il protagonista assoluto di questo film, non solo perché è lui il giovane e già problematico looper Joe, ma perché è anche il produttore, e si vede come nel progetto creda fortissimamente. Nonostante la faccia truccata e alterata (occhi sottili e allungati, naso rafforzato) per farlo somigliare il più possibile a Bruce Willis che incarna il suo personaggio con trent’anni di più – e all’inizio si resta abbastanza infastiditi e pure sbigottiti dal make up, poi ci si abitua – JGL mostra ancora di essere tra i più bravi giovani attori in circolazione, giocando stavolta molto sull’interiorizzazione e la coolness e l’impassibilità (come certo Bogart noir, come il Delon melvilliano di Le Samouraï). Coincidenza: sia qui che in The Last Stand con Shwarzenegger (in uscita come Looper giovedì 31 gennaio), ma anche in Flight di Zemeckis uscito la scorsa settimana, ci sono inseguimenti in campi di mais che ricordano la mitologica sequenza di Cary Grant braccato in Intrigo internazionale di Hitchcock. Permanenza di un classico assoluto.
Film stasera in tv: LOOPER di Rian Johnson (ven. 17 aprile 2020, tv in chiaro)
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